RESCETO – CAVA BALDERI ALLA PARETE OVEST DELLA CRESTA DI SELLA

Chi da Resceto sale il canale dei Vernacchi con il sentiero CAI 165 verso la Focetta dell’Acqua Fredda, se dalla Selvarella darà un’occhiata al lato opposto della valle non mancherà di notare, alla stessa altezza o poco meno e circa a metà distanza verso la Focola del Vento, quella che pare la massicciata di sostegno di una via di lizza, e forse rimarrà alquanto perplesso per la posizione a dir poco malagevole in cui si trova il manufatto: ai piedi della parete Ovest della Cresta di Sella e alla sommità di un ripidissimo bosco sospeso, che precipita con balze in apparenza inaccessibili sulla confluenza nel canale della Neve (come da qui in su si chiama il canale dei Vernacchi) di un suo affluente che scende dalla Focola del Vento. Per giunta, ai due lati del bosco si trovano pareti rocciose che lo isolano sia dalla zona della Selvarella che da quella della Focola del Vento, al punto che riesce difficile immaginare, non si dice di estrarre marmo da lassù e calarlo a valle, ma anche solo di riuscire a mettere piede in quel nido d’aquila. Ma il bosco si chiama ‘macchietta del Balderi’ dal cognome del suo proprietario di un tempo, e a Resceto si assicura che vi si tagliava legname, quantomeno per opere di cava (appunto), e si ricorda almeno un boscaiolo che vi saliva audacemente a tale scopo; e se si riesce ad arrivare al manufatto, si constata che esso è effettivamente ciò che resta del muro di sostegno, lungo una decina di metri e in parte franato, di una via di lizza; e che al di sopra si trova l’angusto piazzale di un saggio di cava ai piedi della parete, con un blocco di marmo già riquadrato: forse l’unico mai estratto dalla cava Balderi e ormai destinato, salvo cataclismi naturali, a rimanere lì per sempre. Si aggiunga che nella nostra visita a quei luoghi abbiamo trovato, qua e là nella macchietta, un spezzone di vecchio filo elicoidale e un’intera matassa, e uno o due mucchi di sassi con l’aspetto di vecchi ometti.
Dal momento che non c’è traccia di via di lizza al di sotto di quella massicciata si può affermare con certezza che il tentativo di estrazione non ebbe seguito; ma, tanto o poco che esso sia durato, come salivano lassù, con i loro attrezzi, i cavatori e i boscaioli che tagliavano la macchietta?
L’itinerario di accesso descritto qui sotto è sembrato, a chi scrive e agli amici con cui l’ha percorso (Paolo Mazzoni e Silvano Rossi), il solo possibile di natura escursionistica: scabroso e delicato, ma senza vere difficoltà tecniche. Chi lo ripeterà metterà piede in uno dei luoghi più esclusivi delle Alpi Apuane.

N.B. 1 – In Apuane (nota a pg. 165) si riferiva di un evidente sentiero, con tanto di opere di sostegno, che inizia in discesa dalla Focola del Vento (1358 m, sulla sponda sinistra idrografica del canale dei Vernacchi) e per alcuni minuti si dirige in esposizione verso la Selvarella (1355 m, sulla sponda destra idrografica); esso termina prima di affrontare una sezione rocciosa, al cui inizio quello che pare un gradino scalpellato fu forse il punto più lontano a cui si spinsero i lavori di apertura del sentiero. Si trattava forse, come si ipotizzava in Apuane, di un tentativo di collegare in quota le zone d’interesse marmifero della Focola del Vento e della Selvarella, allo stesso modo in cui, su terreno altrettanto impervio, furono collegate le cave della Chiesa del Diavolo e della Buchetta a Renara? Non vi sono, però, altre evidenze sicure di codesto ipotetico tentativo da quel punto fino alla Selvarella, dalla quale peraltro non parte nessun tracciato in direzione contraria. Si voleva forse soltanto raggiungere la zona rocciosa che fu effettivamente raggiunta, per un tentativo di estrazione che poi non fu fatto? Non lo sappiamo. In ogni caso, però, il sentiero che inizia alla Focola del Vento non sembra avere attinenza con il saggio di cava e la via di lizza alla macchietta del Balderi, luoghi di lavoro ai quali, del resto, non è pensabile che si dovesse arrivare con lunghe, scabrose e impegnative (fino al II+) traversate orizzontali.
Si coglie infine l’occasione per segnalare che la vera e originaria Focola del Vento è quasi certamente, a valle di quella che ora ne porta il nome e sullo stesso crinale, l’incisura a 1255 m c. dove il sent. CAI 160 proveniente da Resceto entra nel bacino di Renara; essa, a differenza di quella più alta, è infatti un vero punto di valico tra i due versanti.

Da Resceto (480 m c. il punto più basso) si sale il canale dei Vernacchi con il sentiero CAI 165, ignorando i bivi a sinistra con il sent. 164 per il rif. Conti e a destra con il sent. 160 per la Focola del Vento e il Sella. Un po’ sopra il secondo bivio, nel punto in cui il sent. 165 si trova a sinistra del fondovalle e tende ad allontanarsene definitivamente per salire alla Selvarella, lo si lascia per entrare nel letto del canale, che si risale facilmente tra grandi massi per brevissimo tratto; si giunge così alla confluenza nel ramo principale (a sinistra) di un ramo secondario (a destra) che scende dalla Focola del Vento (1149.9 m, h 2.00); sulla confluenza incombe la macchietta del Balderi, sostenuta da ripidissime balze rocciose e boscose alla cui base salgono facili pendii di paleo, roccette e rada vegetazione.
N.B. 2 – È interessante risalire a sinistra, con breve e facile digressione, il ramo principale del canale, che poco sopra termina in un’impressionante conca rocciosa levigata, angusta, verticale e quasi sempre in ombra, al di sopra della quale il canale dei Vernacchi prende il nome di canale della Neve: in tale conca, infatti, cadevano dall’alto e si accumulavano grandi quantità di neve rimanendovi da un inverno all’altro, a disposizione degli ‘uomini della neve’ rescetini che ne facevano commercio. Sopra la conca il canale è roccioso, ripidissimo e impercorribile se non da alpinisti: qui iniziano la via ‘dei Falchi’ del 1973 all’Alto di Sella (vedi guida CAI-TCI it. 93fb) e la via ‘Hydra’ al Sella, aperta nel 2005/2006 da Emanuele Cesaroni e altri.
La digressione è anche utile per verificare che la macchietta del Balderi non è assolutamente accessibile da questo lato.

Dalla confluenza, dunque, si risale frontalmente senza difficoltà, per poche decine di metri di quota, il pendio sovrastante fino ai piedi della bastionata alla base della macchietta, dove si prende atto che, secondo ogni apparenza, neanche da qui si può salire in assetto e con spirito escursionistico; una rampa che sale promettente da destra a sinistra porta già poco sopra a un passo troppo rischioso: da evitare. Si costeggia allora verso destra la base della macchietta risalendo pendii di paleo sotto roccia a margine del fosso che scende dalla Focola del Vento; dopo aver guadagnato un po’ di quota destreggiandosi tra erba e rocce, si nota poco sopra alla propria sinistra un bell’anfiteatro roccioso, limitato all’estrema sinistra da una costola boscosa che, con ogni evidenza, è il margine della macchietta su questo lato. Bisogna quindi intanto raggiungere, ancora tra erba e roccia, il bordo destro dell’anfiteatro, e poi traversarlo verso sinistra per una trentina di metri nel punto migliore. Sono possibili almeno due linee, di cui è preferibile la più alta: una specie di cengia riconoscibile perché vi si trova a metà percorso una striscia di paleo più lunga e continua delle altre simili circostanti; alla cengia si arriva dopo aver zigzagato al meglio tra placche; dopo la cengia si sale con minore impegno alla costola boscosa. Quanto alla linea più bassa (qualche metro sotto), essa è ancora più stretta ed esposta e meno riconoscibile, e pertanto non consigliabile. In ogni caso la traversata di questo anfiteatro è il tratto più impegnativo dell’itinerario.
N.B. 3 – Al bordo destro dell’anfiteatro la presenza di un vecchio sacchetto di plastica testimonia che qualcuno era già passato di lì.

Giunti alla costola boscosa, la si risale brevemente fino a un cambio di pendenza, in corrispondenza del quale la si lascia per traversare a sinistra inoltrandosi nella macchietta (la si può anche risalire ancora un po’, ma su pendenza maggiore, piegando poi a sinistra più in alto); si procede in orizzontale, con molta attenzione all’inizio perché al di sotto si trovano pendii molto ripidi, poi più speditamente ma sempre senza tracce, fino a una dorsale anch’essa boscosa al di là della quale il pendio precipita verso il canale dei Vernacchi/della Neve; alla sommità della breve dorsale, dove essa termina alla base della parete rocciosa della Cresta di Sella, si nota alla propria sinistra la sospirata massicciata, raggiungibile traversando con attenzione su pochi metri di paleo. Si sale ora con delicatezza la franosa via di lizza in rovina, meglio (e in minore esposizione) se al suo margine destro; e dopo pochi metri si mette piede sul piccolo piazzale di cava (ometti nostri), dove giace un blocco di marmo già riquadrato; sulla parete a monte si nota il solco prodotto dallo sfregamento di un cavo; qualche metro più là a sinistra, salti verticali precipitano verso il canale della Neve (h 1.15/3.15). Ci si trova a una quota approssimativamente inferiore di 30 o 40 metri a quella (1355.1 m) del ben visibile casone della Selvarella; ma le nostre rilevazioni GPS sono risultate, per qualche motivo, inattendibili e inutilizzabili.
Il ritorno alla base della macchietta avviene rigorosamente per la stessa via e con ogni cautela; arrivando all’anfiteatro dall’alto, la striscia di paleo che indica la via migliore è ben riconoscibile. Scesi alla confluenza dei fossi (h 1.00/4.15), si torna a Resceto con il sent. 165 già fatto all’andata (h 1.30/5.45).

Non più di EE ma, alla macchietta del Balderi, su terreno senza tracce e decisamente impegnativo; dislivello 900 m, h 5.45.

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