

Da carta MapTrek Italia Le dolomiti della Val di Lima e l’Orrido di Botri
CIME DI DIACCIO AL GALLO
Dalla quota 1626.0 m CTR del crinale di Campolino, poco a valle del M. Uccelliera e a monte di Poggio Sentinella, si stacca a Sud in versante Lima un’importante dorsale che in alto separa i bacini della Scesta e della Coccia di Vico, e che più giù si divide in due rami su cui si alzano il M. di Limano e il M. Cimo e che circoscrivono la Coccia di Limano, interposta tra i due precedenti corsi d’acqua. Poco sotto l’origine di questa dorsale, sulla CTR si trova il toponimo Diaccio al Gallo, in una zona in cui la dorsale stessa e alcune sue diramazioni secondarie lato Scesta (anzi: Solco delle Vacche suo affluente) presentano interessanti strutture rocciose, precipiti verso valle, a cui sembra lecito, pertanto, attribuire il nome di Cime di Diaccio al Gallo; gli ometti che si trovano sulle loro sommità sono stati eretti da chi scrive e dai suoi amici, che tuttavia saranno stati preceduti almeno da chissà quanti boscaioli e carbonai. La salita di tali cime, attraente di per sé, lo diventa ancora di più per il fatto che si svolge in ambiente remoto e abbandonato, dove piazzole per il carbone e vecchi sentieri di collegamento rimandano a tempi passati, quando ogni lembo di bosco era utile alla sopravvivenza.
Quanto al toponimo Diaccio al Gallo e agli altri simili che si trovano in zona (Diaccio al Bosco, Diaccio di Papo e diversi Diaccioni): sebbene il vocabolo ‘Diaccio’ induca a pensare a condizioni climatiche, è più probabile che esso invece valga ‘addiaccio’ cioè stazzo = spiazzo all’aperto in cui si riunisce il bestiame per la notte: con tale significato si trova ad es. un Diacceto nelle Alpi Apuane, alla cui origine c’è il verbo latino adiacēre = giacere.
N.B. – Le quote che qui sotto sono seguite da ‘c.’ (circa), stimate in base a rilevazioni GPS incrociate con l’esame delle curve di livello delle carte, formano nell’insieme un quadro non del tutto coerente e devono pertanto essere considerate meno attendibili del solito. Attenzione, farne uso con cautela!
Dalla Casetta di Pian di Novello all’inizio della strada forestale ex pista di fondo (sbarra, spazi per il parcheggio; 1176 m), si segue quest’ultima fino allo stacco a destra, in loc. Orto di Giovannino, del sentiero forestale n. 3, che si percorre a lungo nella faggeta fino al bivio con il n. 10, con il quale ancora a destra si raggiunge la Foce dei Limani sul crinale di Campolino (1584 m, h 1.15). Sul versante opposto (Lima) si traversa ora in lieve discesa verso destra sulla cengia d’uscita della via dei Limani (vedi Le dolomiti della Val di Lima e l’Orrido di Botri it. C45) fino alla dorsale divisoria Scesta/Coccia di Vico, alla quale si è così giunti dalla sua sinistra orografica. Sul lato opposto della dorsale si nota un sentiero che risale verso il crinale di Campolino in direzione del M. Uccelliera, che verrà utilizzato al ritorno; nel frattempo, però, si segue verso il basso a sinistra, prestando la massima attenzione ai vecchi segni azzurri semiscomparsi, la via dei Limani, che in questo tratto si tiene un po’ a destra della dorsale. Quando essa piega a sinistra verso il filo ci si trova poco sopra un pianoro all’aperto di erba e cespugli (1498.6 m): qui bisogna abbandonarla per seguire verso il basso la dorsale secondaria di cui il pianoro stesso è il culmine. Sotto il pianoro la dorsale scende ripida ma facile tra erba, alberi e roccette, facilitata da una traccia pressoché continua di animali o forse di carbonai; via via che si scende si notano alla propria sinistra, al di là di un vallone, due quote rocciose su un’altra dorsale secondaria – quella principale tra Scesta e Coccia di Vico è ancora oltre -. Per raggiungere la più bassa di tali quote (la più alta da questo lato non è accessibile) bisogna intanto lasciare la dorsale sulla quale ci si trova e, piegando a sinistra, portarsi su quella su cui si alzano le due quote. Si può iniziare la traversata a varia altezza (purché al di sotto di fasce rocciose evidentemente inaccessibili), ma è più agevole farlo a 1450 m c., nel punto dove i segni invitano a piegare a sinistra: una facile traccia – poco sopra comunque se ne troverebbe almeno un’altra – oltrepassa il vallone con un modesto saliscendi e va a raggiungere la quota a cui si mirava, che si presenta come un bel ripiano assai panoramico, in parte coperto di vegetazione, che precipita roccioso ai lati e verso il basso; ci si trova su quella che si può chiamare la Cima O di Diaccio al Gallo (1450 m c., h 0.45/2.00); la sua altezza, che è all’incirca uguale a quella del punto di partenza della traversata, può essere utile riferimento per iniziarla.
Si risale ora la dorsale della Cima O (che in alto s’impenna troppo ripida fino alla quota più alta già avvistata in precedenza) notando quasi subito una traccia che piega a destra fino a un solco, oltre il quale essa si trasforma in un bel sentiero in cengia che, in traversata ascendente un po’ esposta, giunge fino al filo della dorsale principale Scesta/Coccia di Vico, ai piedi di una larga e articolata bastionata rocciosa. La si potrebbe aggirare del tutto allargandosi verso destra quanto serve; ma è più piacevole affrontarla direttamente su roccia solida al suo margine destro, dove la difficoltà massima è qualche breve passo che sfiora il II, fino a un aperto e spettacolare pulpito (1505 m c.). Di fronte, al di là di un solco superficiale e quindi appena fuori della dorsale principale, si trova, vicinissimo e più basso di una dozzina di metri, un altro simile pulpito, raggiungibile traversando facilmente il solco in orizzontale: sono quelle che si possono chiamare le due Cime E di Diaccio al Gallo (h 0.30/2.30).
Guardando verso l’alto dall’ultimo pulpito raggiunto, alla nostra sinistra si nota quella dorsale di cui abbiamo nel frattempo salito la quota più bassa, cioè la Cima O di Diaccio al Gallo; la quota più alta si trova poco lontana e poco sopra la nostra posizione. Si traversa dunque facilmente verso sinistra e infine si salgono alcune roccette fino alla sua cima; oppure, seguito brevemente il filo a monte del pulpito, si piega poi a sinistra a intercettare e percorrere verso sinistra un bel crinale roccioso orizzontale, che altro non è che quello stesso della dorsale principale; si giunge così all’angusta e panoramica sommità rocciosa della Cima N di Diaccio al Gallo, nodo orografico situato alla confluenza nella dorsale principale della diramazione secondaria su cui sorge la Cima O (1510 m c., h 0.10/2.40). Si continua percorrendo a monte la dorsale principale fino a incrociare la via dei Limani proveniente da destra, e la si segue a sinistra; si lascia poco sotto il già noto pianoro a 1498.6 m, e si sale infine al punto in cui inizia a destra la cengia che porterebbe alla Foce dei Limani (1555 m c.). Da qui si potrebbe naturalmente tornare sui propri passi fino al punto di partenza; per evitarlo si può invece seguire verso sinistra il vecchio sentiero già accennato sopra, che sale nel bosco e poi all’aperto avvicinandosi al crinale di Campolino, che infine raggiunge (biforcandosi) sia prima che dopo un ultimo traverso in quota che porta a una selletta prima del M. Uccelliera; salito quest’ultimo (1652 m, h 0.35/3.15) si prosegue lungo il crinale e poi sul sent. CAI 500 (ex 100) fino alla sella da cui scende a destra il sentiero forestale n. 5 che più giù confluisce nel n. 3; da qui a ritroso come all’andata fino al parcheggio (h 1.15/4.30).
EE, con passaggi non obbligatori fino al II; dislivello 650 m, h 4.30.
Tutto l’itinerario è segnato: oltre al sent. CAI 500 (segni bianco-rossi), ai sentieri forestali 3, 10 e 5 (segni bianco-verdi), e alla via dei Limani (segni azzurri), tutto il resto è marcato qua e là da ometti e segni rossi. Per la via dei Limani, sulla quale i segni sono sbiaditi e ormai quasi scomparsi, in caso di dubbio ci si può attenere alla traccia GPS (it. C45) riportata sulla carta digitale Le dolomiti della Val di Lima e l’Orrido di Botri di D.R.E.Am. Italia in Avenza Maps.